Il settore delle energie rinnovabili
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Per aver un quadro complessivo anche se non preciso, a tutto questo si aggiunga il fatto che l’Unione Europea è in prima fila nel sostenere lo sviluppo del settore. Già nel Libro Bianco del 1997, infatti, si era posta l’obbiettivo di portare entro il 2010 al 12% la quota di energia ricavata da fonti alternative; l’anno scorso una direttiva comunitaria ha addirittura indicato come obbligatoria una quota del 22% nel 2020.
Il ritardo accumulato dall’Italia rispetto alle nazioni che per prime hanno deciso di investire nell’energia pulita, quali Germania, Danimarca e Spagna, è di una certa consistenza, ma è in parte compensato dalle potenzialità del territorio. Le coste e i crinali degli Appennini, infatti, sono molto ventosi, i corsi d’acqua sfruttabili sono numerosi e vaste zone della penisola, infine, hanno un’ottima esposizione solare.
A frenare lo sviluppo è invece soprattutto il contesto normativo che per un verso impone complicati adempimenti burocratici e dall’altra non prevede consistenti incentivi o agevolazioni per le imprese che intendono investire nel settore. Basti pensare all’obbligo per i produttori tradizionali di immettere nelle reti nazionali solo il 2% “energia pulita”.
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